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Анелия Ибарбия - Итальянские сказки / Fiabe Italiane

Читать бесплатно Анелия Ибарбия - Итальянские сказки / Fiabe Italiane. Жанр: Сказка издательство -, год 2004. Так же читаем полные версии (весь текст) онлайн без регистрации и SMS на сайте kniga-online.club или прочесть краткое содержание, предисловие (аннотацию), описание и ознакомиться с отзывами (комментариями) о произведении.
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Il contadino provò a fare come diceva il vecchio, arava un solco andando su, un altro tornando giù e il lavoro andava avanti più velocemente. Il giorno dopo quel vecchio ripassò per la stessa strada e vide il contadinello che arava in su e in giù. “Chi ti ha insegnato ad arare così bene?” domandò il vecchio. “Ma sei stato tu, nonno, ieri sera quando sei passato di qui”. Il vecchio sorrise e disse: “Bravo. E io ti dico che un giorno lavorerai e per tutto da mangiare avrai”. Poi il vecchio passò sotto la finestra della tessitrice, stette un po’ a guardare la navetta che correva svelta in su e in giù e le domandò: “Chi ti ha insegnato a tessere così bene?” “Nessuno, ho imparato da sola.” rispose la tessitrice, senza neanche guardarlo in faccia. Il vecchio si oscurò in volto, scosse la testa e disse: “E allora ti dico che un anno intero lavorerai e più di un fazzoletto non tesserai”. E se ne andò.

I tredici briganti

Dice che una volta c’erano due fratelli. Uno faceva il ciabattino[43] ed era ricco, l’altro il contadino ed era senza nulla. Un giorno il contadino era in campagna, e vide tredici uomini sotto un albero di quercia, con certi coltellacci. “I briganti!”, pensò il contadino, e si nascose; li vide avvicinarsi alla quercia e il capo disse: – Apritiquercia[44]! – Il tronco s’aperse e a uno a uno i tredici briganti ci entrarono. Il contadino restò nascosto[45] ad aspettare. Dopo un po’ i briganti uscirono, uno a uno, e l’ultimo fu il capo. – Chiuditiquercia[46]! – disse, e la quercia si richiuse. Quando i briganti se ne furono andati, il contadino volle provare anche lui. S’avvicinò all’albero e disse: – Apritiquercia! L’albero s’aperse e lui passò. C’era una scala che andava sottoterra; scese e si trovò[47] in una caverna. Una caverna, dalla terra al soffitto, piena di roba ammonticchiata: un monte di monete d’oro, uno di brillanti, uno di marenghi, un altro d’oro, un altro di brillanti, un altro di marenghi, ancora uno d’oro, uno di brillanti, uno di marenghi; e così via, fino a tredici. Il contadino cominciò a guardare, a empirsi gli occhi di quel luccichio: empiti gli occhi cominciò a empirsene le tasche della giacca, poi le tasche dei calzoni, poi si strinse bene in fondo i calzoni e a lenti passi tintinnanti[48] tornò a casa. – Che t’è successo[49]? – gli disse la moglie vedendolo arrivare a quel modo. Lui cominciò a rovesciare le tasche e i pantaloni, e le raccontò tutto. Per misurare i soldi, gli serviva uno stoppello; ma lui non l’aveva; così mandò a chiederlo in prestito al fratello. Il ciabattino pensò: “Cosa mai avrà da misurare mio fratello che non ha mai avuto nulla al mondo? Voglio vedere un po”, e impastò una lisca di pesce sul fondo dello stoppello. Quando gli restituirono lo stoppello andò subito a vedere cosa c’era rimasto attaccato e figuratevi[50] come rimase quando vide un marengo! Andò subito a trovare il fratello. – Dimmi chi t’ha dato questi soldi! – E il contadino gli raccontò. Il ciabattino allora gli disse: – Be’, fratello, mi ci devi portare anche a me. Io ho figli, e ho più bisogno di soldi di te!

Allora i due fratelli presero due somari e quattro sacchi, andarono all’albero, dissero: – Apritiquercia! – riempirono i sacchi e via. A casa, si divisero l’oro, i brillanti e i marenghi e ormai ne avevano da campare di rendita. Perciò si dissero: – Ora non facciamoci più vedere laggiù, se no ci lasciamo la pelle[51]! Il ciabattino aveva detto: – Intesi, – ma solo per ingannare suo fratello e andare una volta da solo a far man bassa[52], perché era uno che non aveva mai abbastanza. Andò, aspettò che i briganti uscissero dalla quercia, ma non li contò mentre se ne andavano. Ma invece di tredici erano dodici, perché uno era rimasto a far la guardia[53], dato che[54] s’erano accorti che qualcuno veniva nella caverna a derubarli. Il brigante saltò fuori, sorprese il ciabattino, lo squartò come un maiale e così squartato l’appese a due rami. La moglie non vedendolo più tornare, andò dal contadino. – Cognato mio, disgrazia. Fratello tuo è andato alla quercia un’altra volta e non è più tornato! Il contadino aspettò la notte e andò alla quercia. Appeso ai rami, vide il corpo squartato del fratello, lo slegò, lo caricò sull’asino, e lo portò a casa, tra gran pianti della moglie e dei figli. Per non seppellirlo squartato chiamarono un altro ciabattino suo collega, e lo fecero cucire. La vedova del ciabattino, con tutti i soldi che le erano rimasti, comprò una taverna e si mise a far la taverniera[55]. Intanto i briganti s’erano messi a girare il paese, per vedere a chi erano rimasti i soldi. Uno andò dal ciabattino che aveva cucito il morto e gli disse: – Compare, sei capace di dar due punti a questa scarpa[56]? – Eh! – fece lui, – ho cucito un ciabattino, volete che non cucia una ciabatta? Un mio collega che hanno squartato. Il marito della taverniera. Così i banditi seppero che la taverniera profittava delle ricchezze rubate. Presero una botte grande e ci si nascosero dentro in undici; la botte la misero su un carro e gli altri due si misero a tirare il carro. Scesero alla taverna e dissero: – Buona donna, fate posare qui questa botte? E ce lo fate da mangiare? – Accomodatevi, – disse la taverniera, e si mise a cucinare i maccheroni per i due carrettieri. Intanto la figlia, giocando li vicino, senti rumore nella botte. Si mise ad ascoltare e senti dire: – Ora gliela diamo la buona notte a questa qui! – Saltò su e corse a dirlo a sua madre. Sua madre non stette li a sprecare sale e olio: prese una caldaia d’acqua bollente e la rovesciò nella botte. I briganti morirono spellati. Poi andò a servire i maccheroni agli altri due. Gli mescè vino oppiato e quando s’addormentarono gli tagliò le teste. – Adesso va’ a chiamare il giudice, – disse a sua figlia. Arrivò il giudice, capì che erano tredici briganti e diede un premio alla taverniera, perché aveva schiantato quella malerba.

Упражнения

1. Выберите правильный вариант:

1. Il fratello che non aveva nulla faceva il boscaiolo.

2. Il fratello che non aveva nulla faceva il ciabattino.

3. Il fratello che non aveva nulla faceva il contadino.

4. Il fratello che non aveva nulla faceva il mugnaio.

2. Подберите антонимы:

ricco – pesante —

dolce – vivo —

basso – forte —

buono – scuro —

3. Вставьте пропущенное слово:

1. Cosa mai avrà da _______ mio fratello che non ha mai avuto nulla al mondo.

2. Un giorno il contadino era in campagna, e vide tredici uomini sotto un albero di quercia, con certi _______.

3. La vedova del ciabattino, con tutti i soldi che le erano rimasti, comprò _______ e si mise a far la taverniera.

4. Andò, aspettò che i briganti uscissero dalla _______, ma non li contò mentre se ne andavano.

4. Выберите нужный глагол:

Per misurare i soldi, gli _______ uno stoppello; ma lui non l’aveva; così mandò a chiederlo in prestito al fratello.

1. bisognava

2. serviva

3. portava

4. sapeva

5. Выберите нужный предлог:

di – a – su – da

1. Dopo un po’ i briganti uscirono, uno ____ uno, e l’ultimo fu il capo.

2. Appeso ____ rami, vide il corpo squartato ____ fratello, lo slegò, lo caricò ____ asino, e lo portò ____ casa, tra gran pianti _____ moglie e ____ figli.

3. Andò subito ____ trovare il fratello.

4. Una caverna, _____ terra ____ soffitto, piena ____ roba ammonticchiata.

6. Поставьте глаголы в нужную форму:

1. Il brigante (saltare) fuori, (sorprendere) il ciabattino, lo (squartare) come un maiale e così squartato lo (appendere) a due rami.

2. (Arrivare) il giudice, (capire) che (essere) tredici briganti e (dare) un premio alla taverniera, perché (schiantare) quella malerba.

3. Allora i due fratelli (prendere) due somari e quattro sacchi, (andare) all’albero.

4. Sua madre non (stare) li a sprecare sale e olio: (prendere) una caldaia d’acqua bollente e la (rovesciare) nella botte.

7. Ответьте на вопросы:

1. Che cosa fece la taverniera con i briganti?

2. Perché il ciabattino ingannò il suo fratello?

3. Che cosa vide il contadino nella caverna?

4. Che cosa fece i briganti con il ciabattino?

5. Raccontare il testo.

Ответы:

1. Il fratello che non aveva nulla faceva il contadino.

3.

1. Cosa mai avrà da misurare mio fratello che non ha mai avuto nulla al mondo.

2. Un giorno il contadino era in campagna, e vide tredici uomini sotto un albero di quercia, con certi coltellacci.

3. La vedova del ciabattino, con tutti i soldi che le erano rimasti, comprò una taverna e si mise a far la taverniera.

4. Andò, aspettò che i briganti uscissero dalla quercia, ma non li contò mentre se ne andavano.

4. serviva.

5.

1. Dopo un po’ i briganti uscirono, uno a uno, e l’ultimo fu il capo.

2. Appeso ai rami, vide il corpo squartato del fratello, lo slegò, lo caricò sull’asino, e lo portò a casa, tra gran pianti della moglie e dei figli.

3. Andò subito a trovare il fratello.

4. Una caverna, dalla terra al soffitto, piena di roba ammonticchiata.

Il lupo e le tre ragazze

C’erano tre sorelle, a lavorare in un paese. Gli venne la notizia che la loro mamma, che abitava a Borgoforte, stava mal da morte[57]. Allora la sorella maggiore si preparò due sporte con dentro quattro fiaschi e quattro torte e partí per Borgoforte. Per strada trovò il lupo che le disse: – Dove corri cosí forte? – Da mia mamma a Borgoforte, che le è preso mal da morte. – Cosa porti in quelle sporte? Quattro fiaschi e quattro torte. – Dalle a me se no[58], alle corte[59], ch’io ti mangi è la tua sorte. La ragazza diede tutto al lupo, e tornò dalle sorelle a gambe levate[60]. Allora la seconda riempí la sporta e partí per Borgoforte. Trovò il lupo. – Dove corri cosí forte? – Da mia mamma a Borgoforte, che le è preso mal da morte. – Cosa porti in quelle sporte? – Quattro fiaschi e quattro torte. – Dalle a me se no, alle corte, ch’io ti mangi è la tua sorte. Anche la seconda sorella vuotò le sporte e tornò via di corsa. Allora la più piccola disse: – Adesso ci vado un po’ io, – preparò le sporte e partí. Trovò il lupo. – Dove corri cosí forte? – Da mia mamma a Borgoforte, che le è preso mal da morte. – Cosa porti in quelle sporte? – Quattro fiaschi e quattro torte. – Dalle a me se no, alle corte, ch’io ti mangi è la tua sorte. Allora la più piccola prese una torta e la buttò al lupo che stava a bocca aperta. Era una torta che lei aveva preparato prima apposta, con dentro tanti chiodi. Il lupo la prese al volo e la morse e si punse tutto il palato. Sputò la torta, fece un balzo indietro[61], e scappò dicendo alla bambina: – Me la pagherai! Di corsa, per certe scorciatoie che sapeva solo lui, il lupo arrivò a Borgoforte prima della bambina. Entrò in casa della madre ammalata, la mangiò in un boccone[62], e si mise a letto al suo posto. Arrivò la bambina, vide la mamma che faceva appena capolino[63] dalle lenzuola, e le disse: – Come sei diventata nera, mamma! Sono stati tutti i mali che ho avuto, bambina, – disse il lupo. Come t’è venuta la testa grossa, mamma! – Sono stati tutti i pensieri che ho avuto, bambina. – Lascia che t’abbracci, mamma, – disse la bambina e il lupo “ahm!”, se la mangiò in un boccone. Inghiottita che ebbe la bambina, il lupo scappò fuori. Ma appena sulla via i paesani, a vedere un lupo uscire da una casa, gli si misero dietro con forche e badili, gli chiusero tutte le strade e l’ammazzarono. Gli tagliarono subito la pancia e ne uscirono madre e figlia ancora vive. La mamma guarí e la bambina tornò dalle sorelle a dire: – Avete visto che io ce l’ho fatta!

La fiaba dei gatti

Una donna aveva una figlia e una figliastra, e questa figliastra la teneva come un ciuco da fatica, e un giorno la mandò a cogliere cicorie. La ragazza va e va, e invece di cicoria trova un cavolfiore: un bel cavolfiore grosso grosso. Tira il cavolfiore, tira, tira, e quando lo sradicò, in terra s’aperse come un pozzo. C’era una scaletta e lei discese. Trovò una casa piena di gatti, tutti affaccendati. C’era un gatto che faceva il bucato, un gatto che tirava acqua da un pozzo, uno che cuciva, un gatto che rigovernava, un gatto che faceva il pane. La ragazza si fece dare la scopa[64] da un gatto e l’aiutò a spazzare, a un altro prese in mano i panni sporchi e l’aiutò a lavare, all’altro ancora tirò la corda del pozzo, e a uno infornò le pagnotte. A mezzogiorno venne fuori[65] una gran gatta, che era la mamma di tutti i gatti, e suonò la campanella: – Dalin, dalon! Dalin, dalon! Chi ha lavorato venga a mangiare, chi non ha lavorato venga a guardare! Dissero i gatti: – Mamma, abbiamo lavorato tutti, ma questa ragazza ha lavorato più di noi. – Brava, – disse la gatta, – vieni e mangia con noi. – Si misero a tavola, la ragazza in mezzo ai[66] gatti e Mamma Gatta le diede carne, maccheroni e un galletto arrosto; ai suoi figli invece diede solo fagioli. Ma alla ragazza dispiaceva di mangiare da sola e vedendo che i gatti avevano fame, spartì con loro tutto quello che Mamma Gatta le dava. Quando si alzarono, la ragazza sparecchiò tavola, sciacquò i piatti dei gatti, scopò la stanza e mise in ordine[67]. Poi disse alla Mamma Gatta: – Gatta mia, ora bisogna che me ne vada, se no mia mamma mi sgrida. Disse la gatta: – Aspetta, figlia mia, che voglio darti una cosa. – Là sotto c’era un grande ripostiglio, da una parte era pieno di roba di seta, dalle vesti agli scarpini, dall’altra pieno di roba fatta in casa, gonnelle[68], giubbetti, grembiuli, fazzoletti di bambagie, scarpe di vacchetta. Disse la gatta: – Scegli quel che vuoi. La povera ragazza che andava scalza e stracciata, disse: – Datemi un vestito fatto in casa, un paio di scarpe di vacchetta e un fazzoletto da mettere al collo. – No, – disse la gatta, – sei stata buona coi miei gattini e io ti voglio fare un bel regalo. – Prese il più bell’abito di seta, un bel fazzoletto grande, un paio di scarpini di raso, la vesti e disse: – Ora che esci, nel muro ci sono certi pertugi; tu ficcaci le dita, e poi alza la testa in aria. La ragazza, quando uscì, ficcò le dita dentro quei buchi e tirò fuori la mano tutta inanellata, un anello più bello dell’altro in ogni dito. Alzò il capo, e le cadde una stella in fronte. Tornò a casa ornata come una sposa. Disse la matrigna: – E chi te le ha date tutte queste bellezze? – Mamma mia, ho trovato certi gattini, li ho aiutati a lavorare e m’hanno fatto dei regali, – e le raccontò com’era andata. La madre, l’indomani, non vedeva l’ora di[69] mandarci quella mangiapane di sua figlia. Le disse: – Va’ figlia mia, così avrai anche tu tutto come tua sorella. – Io non ne ho voglia, – diceva lei, – non ho voglia di camminare, fa freddo, voglio stare vicino al camino. Ma la madre la fece uscire a suon di bastonate[70]. Quella ciondolona cammina cammina, trova il cavolfiore, lo tira, e scese dai gatti. Al primo che vide gli tirò la coda, al secondo le orecchie, al terzo strappò, a quello che cuciva sfilò l’ago, a quello che tirava l’acqua buttò il secchio nel pozzo: insomma non fece altro che[71] dispetti per tutta la mattina, e loro miagolavano, miagolavano. A mezzogiorno, venne Mamma Gatta con la campanella: – Dalin, dalon! Dalin, dalon! Chi ha lavorato venga a mangiare, chi non ha lavorato venga a guardare! – Mamma, – dissero i gatti, – noi volevamo lavorare, ma questa ragazza ci ha tirato la coda, ci ha fatto un sacco di dispetti e non ci ha lasciato far niente! – Bene, – disse Mamma Gatta, – andiamo a tavola. – Alla ragazza diede una galletta d’orzo bagnata nell’aceto, e ai suoi gattini maccheroni e carne. Ma la ragazza non faceva altro che rubare il mangiare dei gatti. Quando s’alzarono da tavola, senza badare a sparecchiare niente, disse a Mamma Gatta: – Be’, adesso dammi la roba che hai dato a mia sorella. Mamma Gatta allora la fece entrare nel ripostiglio e le chiese cosa voleva. – Quella veste là che e la più bella! Quegli scarpini, che hanno i tacchi più alti! Allora, – disse la gatta, – spogliati e mettiti questa roba di lana unta e bisunta e queste scarpe chiodate di vacchetta tutte scalcagnate. – Le annodò un cencio di fazzoletto al collo e la congedò dicendo: – Adesso vattene[72], e mentre esci, ficca le dita nei buchi e poi alza la testa in aria. La ragazza uscì, ficce le dita nei buchi e le si attorcigliarono tanti lombrichi, e più faceva per staccarseli, più s’attorcigliavano. Alzò il capo in aria e le cadde un sanguinaccio che le pendeva in bocca e lei doveva dargli sempre un morso perché s’accorciasse. Quando arrivò a casa così conciata, più brutta di una scoppiettata, la mamma ne ebbe tanta rabbia che morì. E la ragazza a furia di[73] mangiar sanguinaccio, morì lei pure. Mentre la sorellastra buona e laboriosa, se la sposò un bel giovane. Così stettero belli e contenti, drizza le orecchie che ancora li senti.

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